Assolto un Agente di Commercio imputato di appropriazione indebita aggravata: il Tribunale di Modena ha assolto un mio assistito “reo” – secondo l’accusa- di essersi appropriato di migliaia di euro ricevute in pagamento da parte di una società cliente della propria datrice di lavoro.
Le testimonianze contrarie avevano accertato che, effettivamente, l’imputato aveva ricevuto diversi pagamenti, ma si era poi rifiutato di versare le somme alla società per cui lavorava.
Questa difesa, però, in istruttoria, ha documentato come fosse stato lo stesso Agente a citare in giudizio, per primo, la società, che nel frattempo lo aveva licenziato, avanti al Giudice del Lavoro e come quest’Autorità Giudiziaria avesse già accertato che l’Agente effettivamente era creditore della somma contestata nei confronti della società, ma che quest’ultima, a sua volta, era creditrice verso lo stesso di una somma ben maggiore per provvigioni non versate, anche a causa dell’intervenuto licenziamento.
Il Tribunale di Modena ha quindi assolto l’imputato, ritenendo che il fatto che l’Agente avesse trattenuto il debito a garanzia di un preteso credito non potesse integrare il reato di appropriazione indebito e che, a fronte del credito vantato dall’Agente, non fosse neppure riconoscibile l’elemento dell’ingiusto profitto, necessario per poter configurare la fattispecie criminosa di cui all’art. 646 c.p.
Il Giudice penale, inoltre, riteneva non sussistente l’aggravante contestata (ex art. 61 n. 11 c.p., ovvero l’abuso di relazione di prestazione d’opera) , essendo emerso in istruttoria che l’Agente aveva titolo per incassare il dovuto, essendo stato autorizzato a ricevere i pagamenti da parte della clientela.