Quest’estate sono incappata in un libro sorprendente, per caso.
Ero in autogrill e davo un’ occhiata allo scaffale dei libri quando la mia attenzione veniva catturata da un libro alquanto defilato e dal titolo ben poco “vacanziero”, ma che inevitabilmente mi incuriosiva: “Io non avevo l’avvocato” di tale (per me, fino ad allora) Rossetti.
Fortunatamente non mi feci sopraffare dalla voglia di staccare la spina e di non leggere nulla che riguardasse il mondo “giustizia” perché ciò che lessi fu semplicemente sorprendente.
Per la dignità -incredibile- umana e professionale che Rossetti dimostra pur trovandosi, dal giorno alla notte, da stimato e brillante professionista, ad indagato e destinatario -per mesi – della misura cautelare del carcere, prima e degli arresti domiciliari poi.
Per l’ancor più sorprendente dignità che mostra nel descrivere e nell’affrontare il dolore provato dalla sua famiglia, anche per la malattia di uno dei Suoi figli, insorta proprio in quel periodo.
Per il coraggio di mettere nero su bianco, con dovizia di particolari, la propria vicenda giudiziaria mentre non è ancora finita (ho sorriso parecchio, pensando a quanto i suoi avvocati avranno cercato di dissuaderlo “almeno fino alla fine del processo..”).
E per l’analisi lucida, precisa e coerente che Rossetti fa di un mondo che, sino a poco tempo prima, non conosceva e non gli apparteneva (dimostrando una intelligenza che molti di noi “del mestiere”, purtroppo, non abbiamo).
Di un mondo in cui i magistrati possono stravolgere la vita delle persone e allora bisogna sperare di incappare in quello che se lo ricorda, il potere che ha e gli effetti che produce e che, ancor prima, abbia le competenze specifiche, la preparazione per quel caso (così come l’avvocato, del resto).
In bocca al lupo Famiglia Rossetti!
La preparazione da maratoneta è già servita e servirà…